UNA FATALE CADUTA

Sopravvivere mangiando bacche e api: la storia di Matthew Matheny
di Kyt Lyn Walken

9 Agosto 2018.
Matthew Matheny, 40 anni, prende in prestito l’auto di un amico e si dirige verso il famoso Mount St.Helen, vulcano nello Stato di Washington.
Forse alcuni di noi lo ricordanno per aver eruttato tra il 20 Marzo e il 18 Maggio del 1980.
Deve essere una semplice escursione, perchè Matthew, sebbene sia stato un boyscout per anni, veste una t shirt e pantaloni corti. E indossa infradito, una delle calzature più amate dagli americani (e ve lo confermo per esperienza personale). Insomma, una passeggiata semplice, una breve evasione dalla quotidianità in uno degli scenari più suggestivi del Nord America.

Il Blue Lake Trail è la sua meta, lo aveva anche riferito all’amico. Ma Matthew verrà trovato sei giorni dopo da tutt’altra parte.
Qualcosa è andato di certo storto. Sì, ma cosa?
Questa è una ordinaria storia di sopravvivenza. E, come nelle altre, il cibo fa da fil rouge.

Innanzitutto, la zona: Matthew, come riferirà poi ai media, non la conosce granchè. E non ha con sé mappa, nè una cartina, nè bussola e nè GPS. Il Blue Lake Trail sembra un sentiero adatto a tutti, anche a uno che calza infradito. Lo scenario è sicuramente da levare il fiato: altissimi Douglas Firs (pini tra i più comuni in quella zona) attorniano un lago di una calma quasi innaturale.
Matthew segue fedelmente i cartelli che indicano il percorso, poi qualcosa va storto.
Non trova più indicazioni precise, e il sentiero si fa sempre più stretto, fino a quasi essere inesistente. Ma l’ex boy scout ha fiducia e prosegue, certo che, prima o poi, incrocerà un sentiero decisamente più battuto di quello che sta attraversando, che oramai si è fatto di roccia – i residui della eruzione vulcanica del 1980.
Quasi alla cieca e senza alcuna cognizione geografica, Matthew fatica a prestare attenzione sia al terreno, sia ad eventuali punti di riferimento.
In un punto scosceso, infatti, perde l’equilibrio, cade e le flip flops si rompono del tutto.
Oramai è tardi, il telefono è senza carica e lui è decisamente in una brutta situazione. Per di più scalzo.

Contattato da genitori e amici, il gruppo locale di Search and Rescue (Ricerca e Soccorso, la nostra Protezione Civile) si mobilita, e lo fa senza nè perdere tempo e nè elemosinando risorse: 30 soccorritori, cani da ricerca, un drone e elicotteri si precipitano a cercarlo.
E lo fanno senza sosta per sei giorni.
Intanto Matthew continua a camminare, esausto, disidratato e privo di qualunque cognizione.
La speranza di salvarsi è appesa ad un filo, e la fame divora prima il suo cervello e poi il suo stomaco.
Grazie alle sue consolidate conoscenze di boy scout, affermerà poi, riesce a riconoscere delle bacche edibili – mi spiace ma non sono riuscita a trovare quali, in nessun resoconto di cronaca vengono citate! – e se ne nutre.
E poi ci sono le api.
Immaginate di essere punti trenta, quaranta, cinquanta volte da api. Matthew le lascia avvicinarsi a lui, persino pungerlo, e poi con un gesto repentino le uccide e le mangia.

I soccorritori lo trovano il settimo giorno, disidratato ma “neppure messo così male” (cito testualmente). A tutti dice che le competenze pregresse lo hanno salvato, probabilmente anche quelle che aveva dimenticato a casa, come un abbigliamento idoneo, del cibo, dell’acqua aggiuntiva e così via. Insomma, una storia di ordinaria sopravvivenza.

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