PERSO NEL DESERTO DELLO UTAH

La scomparsa del ventenne Everett Ruess

di Kyt Lyn Walken

Ci sono storie che ti restano dentro fin dall’inizio. Accade poi che gli affanni quotidiani, di poco valore o gravi che siano, li facciano affondare. Per mesi, magari anni. Può capitare che i nomi vengano dimenticati, le date perdute, i nomi dei luoghi confusi con altri. Ma una cosa è certa: riaffiorano, sempre.

Eper me è andata esattamente così con la storia di Everett Ruess. Ho dimenticato per anni il suo nome, e pochi giorni fa, cercando alcuni testi sui grandi deserti americani, ecco che la sua vicenda è tornata a galla. Con prepotenza, perchè è una storia forte e vera che, a quanto pare, non sono stata l’unica a dimenticare.

E ho deciso di raccontarvela.

Partiamo dalla fine, questa volta. E’ il Novembre del 1934 e siamo a Escalante, nello centro sud dello stato dello Utah. Una città di poco più di 1000 abitanti (oggi ancora meno: circa 800), sita poco distante dallo scenografico Grand Staircase Escalante National Monument, ora ridotto da Trump del 47% a circa 1,003,863 acri, ovvero 4,062 km2. 

Immensi strati di roccia e foreste pietrificate (qui infatti sorge dal 1991 l’Escalante Petrified Forest State Park) non danno tregua nè alla contemplazione nè al desiderio di vedere di più, di immergersi ancora più profondamente in uno degli scenari più suggestivi che questo pianeta abbia da offrire.

Forse lo avete visto nei documentari, o in qualche rivista di viaggio. O nei poster delle sale di attesa dei dentisti. E’ qualcosa che gli occhi e la mente non riescono a dimenticare.

Lo sa bene il giovane Everett Ruess, che il 20 Novembre del 1934 si avventura da solo in quegli spazi sconfinati. Solo con due asini che trasportano la sua attrezzatura. Lascia detto ai genitori (a quali riuscirà ad inviare anche alcune lettere) dove si trova: ma sarà arduo mantenere la corrispondenza. Si trova, infatti, in mezzo al nulla, così come lo era già stato in passato quando aveva attraversato l’Arizona, il New Mexico, Utah e Colorado, sempre sul dorso di cavalli o asini. Tra il 1930 e il 1933 era stato nel Sequoia National Park, nello Yosemite e sulla Sierra. Insomma, un giovanissimo esploratore amanti degli spazi – e dei climi – estremi. 

Nato in California nel 1914, Everett aveva sviluppato ben presto due passioni ben distinte, che spesso e volentieri amava intersecare: l’Arte – era infatti abilissimo nella Linoleografia – e la poesia: nel 1920 aveva pubblicato un primo libro, dal titolo – e non poteva essere altrimenti, considerando la sua personalità schiva – “Lonesome (Solitario)”

Non sorpresi dalla sua ennesima avventura, i genitori non si preoccupano: Everett sa cavarsela, e quello è il suo mondo. Più di qualunque altro. 

Passano i mesi e arriva il 1935, e angosciati dalla mancanza di qualsiasi contatto chiedono alle autorità locali di mettersi alla ricerca del figlio. E’ il 7 febbraio.

Vengono dapprima trovati gli asini di Ruess a nord di Davis Gulch, un canyon attraversato dal fiume Escalante. Del ragazzo nessuna traccia, se non un piccolo corral da lui creato per radunare gli animali, e una iscrizione: “NEMO Nov 1934”. Le ricerche si protraggono fino al 15 Marzo, ma nessun altro indizio, nè oggetto risalente a Ruess viene recuperato. E’ come se il ragazzo sia stato inghiottito da quei canyon che amava così.. tenacemente. 

Le teorie sulla sua morte sono state accanite: una piena improvvisa, un brutale omicidio, un sequestro per riscatto. E per anni non è stato possibile mettere la parola fine alla vicenda di Ruess.

Nel 2009, un anziano membro della comunità Navajo della zona ha rivelato che il giovane era stato assassinato da due Nativi della tribù Ute che volevano rubargli gli asini. L’anziano era anche a conoscenza della tomba, nella quale vennero ritrovati resti di ossa e denti compatibili con il profilo di Everett, salvo poi essere smentiti da indagini successive e test più approfonditi sul DNA.

Il caso rimane aperto tuttora. 

Potrete dire che questa non sia una reale storia di sopravvivenza: Ruess potrebbe essere caduto pochi giorni dopo il suo arrivo, o aver avuto altra sorte. Non sappiamo nulla di come abbia trascorso quei giorni in uno dei luoghi più avari di risorse naturali del pianeta, e al tempo stesso colmo di pericoli, di premonizioni e di solitudine. Oppure potrebbe essere vissuto molto a lungo dopo aver perso gli asini, magari scappati per paura. Le supposizioni potrebbero sprecarsi. 

L’amara solitudine di quei luoghi, e con sè le loro storie mai del tutto dimenticate, rimane.

“Devo considerare la mia breve vita piena di eventi interessanti”, Everett aveva scritto al fratello dall’Arizona tre anni prima. “Andrò in qualche posto selvaggio, in un luogo che ho conosciuto e amato. E non ritornerò più […] Dove vado, io non lascio tracce.” 

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